3 gennaio 2008

LA PREGHIERA “NUCLEO PULSANTE DELLA FAMIGLIA”


Anche quest’anno ci accingiamo ad iniziare il catechismo della prima comunione, con la speranza che lo Spirito del Signore ci spinga e ci sostenga in questo difficile compito che ci aspetta.
Il catechista infatti non solo deve preparare i fanciulli a ricevere questo importantissimo Sacramento, ma anche e soprattutto, deve riuscire a “catturare” l’interesse e il cuore dei ragazzi, per orientarli verso la persona di Gesù. Per questo motivo proprio per presentare un percorso, a mio parere necessario, ho deciso di scrivere questo articolo che non ha la presunzione di voler essere niente di più che una riflessione per noi tutti.
In primo luogo, la famiglia è il primo ambiente in cui il bambino avverte di essere persona e si sente accolto; sempre nella famiglia il bambino si va aprendo alla vita, si va formando giorno dopo giorno e nessun’altra esperienza lascerà tracce tanto profonde nella sua vita, in bene o in male.
Gerardo Pastor (decano della Facoltà di Piscologia della Pontifica Università di Salamanca ) afferma che «né gli asili o scuole, né i gruppi dei coetanei, né le parrocchie, né i mezzi di comunicazione sociale (stampa, radio e televisione), riescono a penetrare tanto a fondo nell’intimo del bambino come i genitori, da cui si dipende pienamente nei primi sei o nove anni di vita.
Uno dei fattori che ha sempre contraddistinto il ruolo educativo dei genitori cristiani all’interno delle mura domestiche è l’educazione alla preghiera.
In passato la preghiera in famiglia era qualche cosa di “normale”, con i suoi ritmi e i
suoi momenti: prima dei pasti; l’«angelus», il rosario, le preghiere del mattino e della sera; generalmente, era la madre quella che si occupava di assicurare e guidare questo vissuto religioso.
Oggi, la vita del nucleo familiare è cambiata profondamente; tutto è diventato più difficile; e, a poco a poco, abbiamo abbandonato la preghiera in famiglia e quella individuale.
Il risultato è che oggi la nostra generazione si sente sempre più imbarazzata nel proporre
la preghiera in famiglia; che ci appare come qualcosa di forzato, artificiale che non ci esce dal cuore.
Il primo passo per un cambiamento, a mio avviso devono farlo i coniugi, imparando a
pregare insieme una preghiera di coppia, semplice, normale, senza ulteriori complicazioni, che sia la base su cui costruire il ritorno al piacere di pregare in famiglia.
Questa preghiera di coppia, potrebbe per esempio consistere nel chiedere perdono a Dio
per i peccati, un ringraziamento per tutto quanto ricevuto, per tutto il bene che c’è nella coppia e nei figli.
È giusto che i genitori preghino per i figli e anche in nome dei «figli», per i piccoli che
ancora non sanno pregare e per i grandi che forse sono in crisi e non sanno più farlo.
Sarebbe consigliabile, dove possibile, riservare in casa un luogo o un «angolo di
preghiera», destinato allo scopo.
La preghiera è un’esperienza che il bambino deve scoprire e apprendere dai genitori, è
necessario pertanto che il bambino veda pregare il papà e la mamma; se osserva che pregano senza fretta, rimangono in silenzio, chiudono gli occhi, si inginocchiano, egli intuisce l’importanza di questi gesti e percepisce la presenza di Dio nella famiglia come qualche cosa di bello e positivo, imparando il linguaggio religioso, ma anche i segni che così restano incisi nella sua memoria, non c’è altro che può sostituire questa esperienza.
Soltanto così il bambino si avvicinerà alla preghiera in maniera spontanea, e pregherà
come deve pregare, con lo stesso atteggiamento, lo stesso tono, la stessa gioia; giungerà poi il tempo in cui sarà lui stesso ad iniziare una preghiera, questa gli rimarrà incisa nella memoria come qual cosa di naturale che appartiene alla vita quotidiana della famiglia.
Successivamente l'educazione alla fede permette anche un’autentica fusione nel bambino tra fede e vita, e quindi una vera crescita di vita cristiana, poiché l'iniziazione cristiana data dai genitori è intrinsecamente legata ai fatti e alle realtà concrete della vita quotidiana.
Dal momento che le famiglie cristiane sono le "cellule" primarie della comunità ecclesiale e sociale, i genitori, grazie alla fede in Cristo, partecipano pienamente alla missione evangelizzatrice della Chiesa; naturalmente ciò può avvenire soltanto se c'è una comunità cristiana che li segue e li aiuta, incoraggiandoli nei momenti di difficoltà e sostenendoli nel cammino di santità.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

necessita di verificare:)

Anonimo ha detto...

necessita di verificare:)

Anonimo ha detto...

necessita di verificare:)

Anonimo ha detto...

Perche non:)