17 dicembre 2008

Auguri agli amici


Oggi un amico mi ha mandato questa preghiera...e ho sentito l'impulso di condividerla con tutti quelli che mi vogliono bene... Antonio.

La mia preghiera, Signore è un grande ringraziamento per quanto mi hai dato quest'anno: amore, gioia,,salute, grazie, perdono, ... e tanti Amici! Quelli che vedo ogni giorno e quelli che incontro raramente, quelli che mi ricordano e quelli che spesso mi dimenticano, quelli dei momenti belli e quelli dei momenti difficili, quelli che sono in debito con me e quelli a cui tanto devo. Ti raccomando, Signore tutti coloro che partecipano alla storia della mia vita, perché mai manchino dal mio cuore. La nascita del tuo Figlio e la venuta del Nuovo Anno portino a tutti speranza, amore e pace e un cuore grato. Per quanto ogni giorno ci dai: Grazie, Signore!

1 novembre 2008

Morir d'amore

Terremoto in Pakistan
Volevo fare una mia riflessione su quel giorno che nel nostro calendario precede di poco (e non è un caso) la ricorrenza dei defunti e ci dispone alla imminente conclusione dell’anno liturgico, mi riferisco alla festa di tutti i Santi, a quei beati raccontati mirabilmente da Gesù nell’episodio evangelico (Mt.5,1), che riguarda il grande discorso della montagna:
«Beati i poveri , gli afflitti, i miti, gli affamati, i puri di cuore, gli operatori di pace e i perseguitati perché di loro è il Regno dei Cieli!».
Stiamo parlando di persone normali, più o meno conosciute, il cui numero - pare diversi milioni - e la cui storia personale è stata un riflesso in questa vita dello straordinario amore che Il Padre celeste ha per tutta l’umanità.
La sua Grazia raggiunge proprio tutti superando spesso anche i confini della Chiesa (visibile), non sono poche infatti le anime che tornano al Padre anche dopo una esperienza di vita, fatta di ingiustizia, stenti e sofferenze e questo anche da non battezzati.
Già … è proprio così, Dio non fa differenze e … le sue vie non sono le nostre, fa splendere il sole su tutti, persino su quei fratelli lontani che non lo riconoscono.Scrutando il cuore di ciascuno di noi egli dispone la nostra storia, sia negli eventi personali che collettivi, proprio attraverso quelle vie indicate dal Maestro su quell’altipiano della Palestina.

18 settembre 2008

Ma è nato prima l'uomo o la gallina?



Trovato un enorme molare umano: forse la prova dell’esistenza in passato di uomini dalle misure straordinarie.
La notizia rimbalza da un continente all’altro e pone interrogativi, imbarazzanti, a cui la comunità scientifica dovrà dare (mi auguro) delle risposte, ma si tratta di un caso unico?
Naturalmente no, questi ritrovamenti non sono stati gli unici e nel corso degli anni si sono moltiplicate le scoperte in Europa, in Africa, nelle Americhe, in Oceania e in Asia, resti ossei e manifatturieri che introducono a un mondo popolato da creature dall’altezza eccezionale.
In un libro “ Il tao della biologia “ di Giuseppe Sermonti – noto biologo esperto di antropologia - leggo che sono state trovate impronte di piedi umane, dalle notevoli dimensioni, impresse accanto a quelle di un enorme dinosauro, su quello che tanto tempo fa fù il greto di gesso in un fiume del Texas (USA).
Teoria molto affascinante , perché farebbe risalire l’uomo addirittura al tempo dei grandi rettili, dando un ultima spallata a quel castello già di suo abbastanza fragile che è stata la teoria evoluzionistica di Darwin .
Cari amici darwinisti ... tempi duri! E caro P. Bonolis non ti sembra che sia venuto il momento di sostituire la tua divertente trasmissione "ciao Darwin" con addio Darwin ?

5 giugno 2008

Trasmettere i valori cristiani


Molti genitori lamentano, la difficoltà di educare i loro figli nella fede, ma questa difficoltà nel trasmettere i valori cristiani alle nuove generazioni va situata in un contesto culturale più ampio.
Oggi tutto sembra problematico, nulla è più sicuro; tutto è discutibile (relativismo); infatti di difficile non è solo la trasmissione della fede, ma la trasmissione in generale di una tradizione, di una cultura o di una ideologia.
Interessante su questo argomento uno studio dell’antropologa Margaret Mead secondo la quale nei giovani ci sarebbero tre categorie di apprendimento:
· l’apprendimento dai genitori come costoro appresero dai nonni;
· l’apprendimento non dai loro genitori e ancor meno dai nonni, ma da chi è loro affine o eguale, cioè dai compagni; quindi non dal passato culturale, ma dal presente culturale; dal vivere del gruppo o della combriccola di amici, dalla televisione o dalla moda del momento;
· infine quella categoria in cui i genitori non vengono ritenuti idonei, perché inadeguati alla trasmissione delle tradizioni, poiché meno «aggiornati» sulle nuove frontiere tecnologiche e culturali.
Ma oltre a questa difficoltà di apprendimento che riguarda le diversità generazionali, dobbiamo aggiungere un altro elemento certamente rilevante, che riguarda cioè i modelli sociali delle famiglie sotto l’aspetto dell’identità cristiana.
Riportiamo qui alcuni esempi che riassumono in qualche modo le diverse realtà:
· Ci sono famiglie che mantengono viva la loro identità cristiana. I genitori hanno sensibilità religiosa e si preoccupano dell’educazione cristiana dei loro figli;
· altre in cui uno dei coniugi ha sensibilità religiosa (in genere la donna) e l’altro no. In questi casi l’identità religiosa, salvo qualche rara eccezione, piano piano, si va affievolendo, passando per gradi da uno stato di tiepidezza al distacco vero e proprio dalla vita cristiana;
· famiglie in cui i due coniugi si sono allontanati dalla pratica religiosa e vivono ormai fissi nell’indifferenza. L’aspetto religioso è quasi totalmente «escluso» dalla casa. Appare soltanto in alcune circostanze: il battesimo del figlio, la prima comunione, quando il figlio partecipa alla catechesi o porta a casa un’ argomento di religione da studiare o un questionario da compilare.
· poi ci sono anche quelle famiglie in cui entrambe i genitori adottano un atteggiamento di rifiuto nei confronti dell’aspetto religioso ed escludono per i loro figli qualsiasi iniziativa cristiana. In queste circostanze l’aspetto religioso sembra essere solo oggetto di critica, attacco o burla.
· Infine troviamo nuclei familiari con problemi talmente gravi, che l’aspetto religioso rimane per così dire “parcheggiato” o “soffocato” (crisi con separazione degli sposi, mancanza assoluta di dialogo, problemi economici, forti conflitti con i figli ecc…).
A conclusione di queste nostre analisi, certamente c’e da preoccuparsi e purtroppo, dobbiamo registrare che la Santa Madre Chiesa oggi sembra abbastanza in ritardo rispetto alle aspettative di una società in continuo fermento. Essa infatti non solo è chiamata a dare delle risposte appropriate e tempestive, ma anche a svolgere il proprio ruolo guida che le compete, avendo soprattutto il coraggio di rivedere e modificare le vecchie strategie e metodi di insegnamento.
Pertanto, tutti insieme – ciascuno per la propria parte – aiutiamo la Chiesa a riscoprire il suo nuovo volto, al cui riflesso offuscato di oggi si sovrapponga l’immagine sfolgorante di colui che la guidata, sostenendola nei momenti di difficoltà e provvedendola di doni nel corso dei secoli.
La Sposa in cammino verso il suo Sposo, in quel già e non ancora della Gerusalemme celeste.

21 maggio 2008

Cari Genitori...


Nella nostra vita vi sono alcune occasioni e alcuni momenti molto favorevoli in cui il Signore si propone, per intraprendere con noi un cammino di fede anche in compagnia dei nostri figli. Le tappe di vita cristiana della prole (Comunione e Cresima), possono costituire l’elemento da sfruttare per avviare una reale e fattiva intesa tra le parrocchie e le famiglie.
Compito primario a cui è chiamata la Chiesa – (operatori laici e consacrati) - è quello dell'accoglienza, proprio in questi pochi ma decisivi momenti.
Molto importante e delicato è riuscire a far capire ai genitori che ad una richiesta dei sacramenti per i figli, fatta di sola tradizione è preferibile una richiesta motivata da ragioni di fede.
Sempre con molta delicatezza bisogna spiegare anche che il semplice buon esempio non basta più per una sana crescita cristiana dei figli e che se usato come unico metodo il più delle volte è destinato a fallire: sia perché presuppone che all’interno della coppia vi sia la fede, e sia perché un tale proponimento richiede una coerenza di vita, supportata da forti motivazioni cristiane.
Pertanto riteniamo che occorra passare da una iniziazione cristiana dei fanciulli, accompagnata dal tentativo di coinvolgere i genitori, all’evangelizzazione stessa della coppia padre/madre, nonché alla loro partecipazione attiva all’ educazione cristiana dei figli.
Quello che dobbiamo evitare e contrastare, ma che purtroppo spesso accade è: che il più delle volte le catechesi con i genitori si riducono spesso a catechesi con le mamme, bisogna perciò insistere sulla necessità di riuscire a coinvolgere la coppia come tale, con la partecipazione anche del padre; inoltre per suscitare il giusto interesse nei genitori verso la catechesi dei figli è opportuno non parlare di obbligatorietà; bensì mostrare sufficiente attenzione alla diversità dei partecipanti, sopratutto per quanto riguarda il loro atteggiamento verso la fede e la loro situazione coniugale.La catechesi ai genitori spetta certamente e in coscienza al pastore, ma accanto al pastore, se possibile, sarebbe opportuno affiancare una coppia preparata dalla parrocchia, due sposi padre/madre che siano prima di tutto contagiosi nella fede, ma anche capaci di ascoltare "dal di dentro" i coniugi-genitori, i loro problemi e i loro bisogni. Per ciò che riguarda i contenuti delle catechesi, è opportuno non limitarsi ad una superficiale verniciatura religiosa dei genitori, ma si punterà decisamente a svolgere una attività dal taglio evangelizzante, che in certo modo si intrecci e si completi con quella dei figli.In funzione delle esigenze familiari e delle situazioni personali delle coppie.I genitori, come tali, vanno stimolati a svolgere il loro ruolo nei confronti dei figli attraverso varie forme:
di testimonianza con il loro stile di vita e comunione coniugale volta a valorizzare le espressioni di fede, quali la preghiera personale e familiare;
di coerenza nella fede soprattutto vivendo secondo il Vangelo sia le scelte più semplici di ogni giorno, sia quelle legate ad alcuni particolari avvenimenti della stessa vita familiare;
di "perdono" reciproco, manifestando così la fiducia a chi ha bisogno di rialzarsi e la fedeltà paziente verso chi è più povero di amore;
di “saper coniugare” le progressive scoperte della vita, del mondo, delle cose e degli avvenimenti con l’insegnamento evangelico, a tal fine sarà importante saper trasformare in momenti “informativi” che dall’e sterno entrano all’interno della famiglia (TV, radio, musica, libri, internet ecc.) in occasioni positive di dialogo e di giudizio critico;
di educazione al senso sociale, promuovendo l’apertura all'ospitalità, all’amicizia e alla disponibilità verso gli altri;
di incoraggiamento dei figli a scoprire le personali aspettative e vocazioni, riscoprendo e coltivando l’arte, e il piacere, di “raccontare” e di “raccontarsi”in famiglia, questo non solo perché aiuta ad esercitarsi sulle capacità di comunicazione, ma perché abitua all’ascolto attivo.
Nel concludere questa riflessione, mi sembra doveroso far rilevare che comunque la catechesi dei genitori non è mai un fatto privato, essa infatti pur svolgendosi nell'intimità delle mura domestiche, conserva intatta tutta la sua natura missionaria che è propria della comunità ecclesiale.
Se, da un lato, quindi, precede, accompagna ed arricchisce ogni altra forma di catechesi , dall'altro, resta in intima connessione con tutti gli altri servizi di evangelizzazione, presenti ed operanti nella comunità ecclesiale.
E’ infatti all’interno della parrocchia che la catechesi interagisce con le celebrazioni liturgiche e sacramentali, alimento essenziale che non si limita soltanto ai grandi momenti dell'esistenza umana, ma goccia dopo goccia all’intero percorso di crescita e di santità in Cristo, da lui veniamo, per lui viviamo e a lui siamo diretti.

16 aprile 2008

ALLA RICERCA DELLE RADICI CRISTIANE


E' da tempo che sentivo il desiderio, di fare una piccola riflessione sull'Antico Testamento. L'argomento in oggetto, mi riferisco alla Torah (i primi cinque libri), ha inizio dalla creazione, passa attraverso la storia dei grandi Patriarchi e dopo il grande Esodo, si conclude con l'arrivo nella terra promessa. Ma andiamo con ordine: come si formò il Pentateuco e chi lo scrisse ?
Anticamente - ce lo dicono gli studiosi storici – i racconti della Bibbia si tramandarono per via orale , gli storici indicano nel gruppo che lasciò l’Egitto e che affrontò il deserto il probabile inizio della tradizione orale (XIII sec. a.C.). La tradizione orale sulle narrazioni bibliche si sviluppò e si diffuse tra le varie tribù Israilite, per dare al popolo una memoria storica; solitamente erano gli anziani negli accampamenti attorno ai fuochi che narravano ai più giovani le imprese dei grandi patriarchi. A loro volta i giovani erano chiamati a fare altrettanto quando sarebbe venuto il loro tempo. Intorno al X sec.a.C. un gruppo di dotti vicino al mondo degli scribi, probabilmente della tribù di Giuda raccolse il materiale orale tramandato e lo mise per iscritto creando così la tradizione Jahwista. Questa antica tradizione, il cui centro è rappresentato dai fatti dell’Esodo, narra la storia del popolo d'Israele dalla creazione fino all'arrivo nella terra promessa. Ad essa seguirono la tradizione Eloista del (VIII sec. a.C.) proveniente dal Nord del paese e quella Deuteronomista del (VII a.C) sotto il regno del re Giosia.
Queste tradizioni furono prese al tempo dell’esilio dalla classe Sacerdotale che non solo le unificò, ma aggiunse elementi nuovi, dando vita così alla tradizione Sacerdotale. La fusione delle tradizioni J+E+ P (sacerdotale), portò ai primi quattro libri della Torah. Infine nel (IV sec.a.C.) al tempo dello scriba Esdra avvene la redazione finale di tutta la Torah, con l’inclusione anche della tradizione Deuteronomista (Il Pentateuco: Gen. Es. Num. Lev. Deut.).
Al popolo reduce dall'esilio Babilonese fu data la Legge su cui fondare una nuova Nazione ( Neemia 8) che fosse espressione di Giustizia ma soprattutto dell'antica Alleanza stabilita tra Dio e il popolo. Ci vollero dunque ben 300 anni prima che si passasse da una tradizione orale ad una scritta e ben 900 per riunire il tutto in un unico lavoro di redazione!
Se ne deduce che per i Sacerdoti del Tempio deve essere stata davvero un'impresa monumentale, quella cioè di raccogliere e mettere assieme tutta la scrittura e la tradizione orale, con tutte le difficoltà che questo comporta; infatti proprio la trasmissione orale per sua natura presenta un difetto di comunicazione: il passa-parola della memoria collettiva tra le diverse generazioni, di fatto comporta che questa inevitabilmente viene trasfigurata, abbellita o caricata di particolari suggestivi e quindi deformata. Ovvio pertanto – mi sia concesso- che come fonte dal punto di vista storico, non possa e non debba essere presa troppo sul serio.
Il motivo quindi per il quale l' Antico Testamento viene presentato oggi alle giovani generazioni, trova giustificazione nel fatto che la Sacra Scrittura costituisce le nostre lontane radici Cristiane, e come tale va considerata e rispettata.
Quando guardiamo un'albero ne apprezziamo la grandezza, la robustezza del fusto, la maestosità della chioma o la bontà dei suoi frutti, ma difficilmente apprezzeremo le sue radici poiché noi non le vediamo; eppure da esse arriva la linfa che mantiene e da vita all'intera pianta. Fermo restando che comunque – grazie a Dio – siamo Cristiani e come tali siamo chiamati a comprendere e rispettare la Tradizione dei nostri fratelli maggiori alla luce dell'evento Messianico. Quindi all'immagine offuscata e sfuggente, di un Dio Padre giusto, capace però di uccidere innocenti (i primogeniti degli Egiziani) che si vendica del Faraone (mandando le piaghe sull'Egitto), o che si mostra sterminatore nei confronti degli idolatri (uccisione dei sacerdoti di Ball); dobbiamo sovrapporre un immagine più coerente e veritiera, cioè quella di un Dio Padre misericordioso che ci ha donato il Figlio, morto in croce per un amore-folle verso l'uomo, un Dio Padre il cui volto risplendente di luce “chi vede me vede il padre dice Gesù”, illumina l'umanità tutta intera, ridestandola da un esistenza che sino a quel momento era stata caratterizzata dall'ombra delle tenebre. Questo – non ci sono dubbi - è il nostro Dio , un Padre che aspetta paziente sull'uscio di casa il ritorno dei propri figli,(il figliol prodigo) e che nel rispetto della volontà e libertà dell'uomo, non chiede altro che di essere amato! Un Dio dunque che non si impone , ma che si propone!
A sostegno di quanto detto, vale la pena soffermarci su quella che fu invece la stesura dei testi Evangelici del N.T. E' opinione diffusa - da parte degli storici contemporanei - che i Vangeli sinottici, ma anche le lettere di Paolo, furono scritte poche decine di anni dopo la morte in croce di Gesù , e pertanto furono contemporanei a chi personalmente lo aveva conosciuto.
Dal ritrovamento risalente al 1947 presso la località di Qumran, posta sulle rive del mar Morto, sono stati rinvenuti dei frammenti di papiro all’interno di alcune grotte, mi riferisco in particolare al reperto (7Q5) la cui denominazione si riferisce al numero della grotta e al numero del frammento di papiro rinvenuto. Il papirologo gesuita padre José O’Callaghan, docente di Papirologia alla ben nota Pontificia Università Biblica, non ha dubbi in merito, il frammento scritto in greco apparterrebbe al vangelo di Marco ed è stato datato intorno al 50 d.C., appena soli 20 anni dopo la crocifissione!
Sempre dello stesso periodo, anteriori cioè al 70 d.C. – parola del Prof. Peter Thiede - i tre piccoli frammenti di dieci righe del capitolo 26 del Vangelo di Matteo, ritrovati nel nord dell'Egitto vicino a Luxor e conservati nel college dell'Università di Oxford.
Queste scoperte che hanno aperto nuovi scenari, rappresentano dei tasselli in più, da inserire in quel difficile mosaico che rappresenta tutto il N.T.
Infatti - se a quel tempo i testi scritti circolavano tra le comunità cristiane della prima Chiesa, c'erano ancora molti testimoni vivi che avendo conosciuto e vissuto i fatti descritti dagli stessi evangelisti, ne avrebbero potuto eventualmente smentire la veridicità. Questo non è successo poiché gli evangelisti, da veri e propri cronisti, ci hanno raccontato la pura storia della vita di Gesù e i suoi famosi Detti, donando al Cristianesimo nascente verità tali da trovare ampi consensi e conferme sia dall'Archeologia moderna che dal mondo storico-scientifico contemporaneo.

3 aprile 2008

La crociata di Giuliano





Una cosa che mi fà veramente arrabbiare è quando ti impediscono di parlare! Qualche mese fà era successo a Papa Benedetto XVI, ieri è toccato a Giuliano Ferrara... Ma dove è finita la libertà di parola? La cosa che più mi preoccupa - ce lo dicono le immagini dei telegiornali- è che la contestazione subita dal buon Giuliano proveniva da ambienti giovanili deviati, di probabile estrazione laicista. Meno male che ci sono anche tanti bravi ragazzi con la testa sulle spalle! (quelli mi sembravano degli ultrà da stadio).


1 aprile 2008

QUELLA STRADA CHE PORTA A EMMAUS


Non c’è giorno in questa nostra vita terrena che non sia contrassegnato da una serie di eventi e notizie che ci pervengono dalle varie zone del pianeta attraverso i telegiornali dei vari Network ed entrano nelle nostre case da quella finestra sul mondo che è la televisione. Le piccole famiglie domestiche riunite la sera davanti alla tv spesso assistono inermi e impotenti a sequenze di immagini che scorrono sullo schermo, intrise di sopraffazione, morte e disperazione dei più deboli, contraddistinte da una drammaticità talmente eloquente da farci ritenere che ormai per questa umanità ci siano rimaste poche speranze. Uno dei brani del Vangelo che mi ha sempre affascinato e che risponde mirabilmente proprio a questo argomento è la pericope secondo il Vangelo di Luca dei Discepoli di Emmaus (Lc 24,13).
Questo episodio si svolge in un tardo pomeriggio della domenica di resurrezione, sulla via che da Gerusalemme conduce a Emmaus (località a circa 7 miglia dalla città santa), i due protagonisti sono discepoli di Gesù, di uno di loro, l’evangelista indica il nome “Cleopa” che significa « tutte le notizie » è lui che parla dell’episodio di cronaca nera avvenuto a Gerusalemme nel venerdì santo, ma ne parla senza coglierne il significato profondo.
Di lui sappiamo che pur non facendo parte degli undici era molto vicino al Maestro, secondo Egesippo (storico vissuto nel II sec.d.C.) era padre dell’apostolo Simone che diventerà vescovo di Gerusalemme (62-107 d.C) e probabilmente fratello di San Giuseppe.
I due viandanti nel ricordare il recente passato denotano delusione e amarezza per il triste epilogo della loro esperienza con la nuova dottrina, essi percorrono la direzione opposta a quella che aveva portato Gesù verso la città Santa e il suo destino, sanno che devono allontanarsi da Gerusalemme perché per loro potrebbe essere pericoloso.
Durante il tragitto li affiancò Gesù in persona, ma essi non lo riconobbero “Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?", domandò loro il Signore e dopo averli ascoltati pazientemente, gli rivelò il significato di quella morte e passione del loro Maestro alla luce delle Sacre Scritture.
E’ questo che lo sconosciuto forestiero voleva comunicare ai due discepoli, è così che dovevano leggere e interpretate le scritture dell’A.T.
Infatti il Cristo con la sua testimonianza votata al sacrificio estremo, aveva portato a compimento la rivelazione ultima e definitiva del Padre, ponendosi allo stesso tempo al centro di tutta l’intera storia della salvezza.
Resta con noi perché si fa sera e il giorno volge al declino” così si rivolgono i due discepoli ignari al forestiero al momento di lasciarsi, è la prima commovente preghiera della comunità cristiana al suo Signore, egli infatti con le sue parole aveva riacceso la speranza nei loro cuori. Sedutosi poi di fronte ai due lo riconobbero nello spezzare il pane, quel gesto aveva fatto scendere il velo dai loro occhi. Torneranno a Gerusalemme per annunciare agli undici quanto era loro successo, per aggregarsi alla prima Chiesa nascente e condividere con essa la stessa gioia e la stessa fede.
Allo smarrimento e delusione dei due di Emmaus il Signore risponde ancora una volta con la misericordia, che copiosa come sempre scende sul suo popolo, il seme della parola, caduto sul terreno pietroso (Mc.4,2-9) dove era germogliato sulle ali dell’entusiasmo, non aveva dato frutto. E’ l’immagine della nostra società dove tutti un po’ smarriti e un po’ sfiduciati, invano cerchiamo la nostra fede là dove non c’è e senza accorgercene, come per i due discepoli di Emmaus, non ci rendiamo conto di quanto Gesù ci sia sempre rimasto vicino e non ci abbia mai abbandonati. E’ questa la grande sfida che attende la Chiesa del terzo millennio: infondere fiducia e speranza all’umanità tutta, partendo non dai cambiamenti del semplice adattarsi alle mode ed esigenze di un mondo in continua evoluzione, ma dall’annunciare e dal testimoniare la verità del Vangelo con grande coraggio e rinnovato slancio, testimone del Risorto presso ogni uomo fino alla fine dei tempi.

11 marzo 2008

I FRATELLI E LE SORELLE DI GESU’



Nonostante autorevoli studiosi della Intellighenzia cattolica , appoggiati dall’Imprimatur di qualche vescovo, considerino i fratelli e le sorelle di Gesù come consanguinei e perciò come tali figli di Maria (Jesus: a Marginal Jew John P. Meier professore di N.T. alla Catholic University of America di Washiigton.) Noi così detti cattolici normali ci sentiamo di rispondere con argomenti che prendono spunto dai vangeli, per un confronto aperto e costruttivo. San Gerolamo affrontò il problema nel IV secolo da grande
studioso che era e conoscitore delle lingue dell’epoca (greco, latino, ebraico e aramaico). Al discorso apologetico in difesa della verginità della Madonna nessuno ebbe più da obbiettare per diversi secoli, fino all’irrompere
dell’illuminismo e del razionalismo fine VII. Ma andiamo con ordine:
In molti testi evangelici il termine aramaico waw viene tradotto in greco kai che corrisponde alla nostra congiunzione e , mentre in questo caso waw è esplicativo “cioè, vale a dire” (Mc.15,1) , infatti nel versetto non si capisce la distinzione del sinedrio dagli altri che ne fanno parte. Al mattino i sommi sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e (cioé) tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo condussero e lo consegnarono a Pilato. Si legge nel vangelo di Giovanni: tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.Il brano si conclude così - Dopo questo fatto, discese a Cafarnao insieme con sua madre, i fratelli e (cioé) i suoi discepoli e si fermarono colà solo pochi giorni. Non si capisce perché d’incanto compaiano i fratelli, visto che non erano stati invitati. Ma se noi traduciamo inserendo il cioè a posto della e tutto ha un senso.
Secondo l'autorevole opinione di Gianfranco Ravasi “i fratelli” sono da attribuire ad un gruppo – clan legato al maestro (Mc.3,33) Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?».
I fratelli citati in (Mt.13,55) Giacomo e Giuseppe sono i figli di Maria discepola di Cristo (Mt 27,56) Tra costoro Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo. Mentre Simone e Giuda sono cugini di Gesù figli di Cleofa il fratello di Giuseppe.
In Ebraico il termine Fratello ah indica (fratello, fratellastro, cugino, nipote e discepolo) Abramo chiama fratello il nipote Lot, Paolo per ben 120 volte usa il termine fratello per indicare la comunità spirituale.
La versione della Settanta traduce cugino con il greco adelphos= fratello, pur esistendo il termine greco di cugino.
Se Maria avesse avuto altri figli, come mai Gesù morente l’affida al suo discepolo prediletto? Non avrebbe dovuto continuare a vivere con ciò che restava della sua famiglia? Infatti poiché ormai sola andò a vivere con Giovanni a Efeso.
Nei vangeli non si dice mai che i fratelli e le sorelle di Gesù sono “figli di Maria” attributo esclusivamente dato a Gesù.
Se Maria oltre a Gesù dodicenne avesse avuto altri figli, come faceva ad andare al tempio con Giuseppe per la Pasqua ogni anno, quando questo viaggio compreso la permanenza a Gerusalemme comportava un’assenza da casa di ben due settimane?
Se dovessero esserci ulteriori dubbi consultare il libro « fratelli e sorelle di Gesù» scritto
da Josef Blinzler esegeta tedesco, cattedratico di N.T.

7 marzo 2008


Ultimamente il mio Blog non è molto frequentato, una vocina mi ha consigliato (Alice) di fare un giro nei Blog cattolici per farmi conoscere. Pertantanto da buon neofita del mondo delle comunicazioni accetto il consiglio della figlia e vado a fare una gironzolata...

18 febbraio 2008

LA SANTA FAMIGLIA




Oggi la Chiesa e la famiglia sono chiamate a fronteggiare evidenti attacchi da parte di ideologie laiciste, sostenute non solo dai mezzi di informazione di massa (TV e Giornali), ma persino da pezzi delle Istituzioni politiche che ci governano.
La posta in gioco nello scontro ideologico è molto alta ed è ormai chiara a tutti:
la delegittimazione delle strutture gerarchiche della Chiesa (compreso il Papa) e il ridimensionamento del ruolo familiare, quale nucleo pulsante della società.
Parallelamente con lo sviluppo frenetico di fine secolo e la comparsa delle nuove tecnologie a basso costo, si va profilando una nuova realtà che non va certamente sottovalutata; nell’era delle comunicazioni, e dell’informazione, appare sempre più paradossale invece la povertà di comunicazione e il pericolo di isolamento che c’è in molte famiglie.
La vita attuale, con il suo ritmo agitato e la sua dispersione, rende difficile il dialogo e l’unità tra gli sposi, ma anche tra genitori e figli e così le famiglie di oggi vivono più separate che mai, a ragione degli impegni di lavoro dei genitori, degli studi dei figli e dei differenti divertimenti e possibilità del fine settimana.
Se poi a questo aggiungiamo che nel poco tempo in cui si trovano tutti insieme, la televisione impone la legge del silenzio, il quadro finale che ne scaturisce è veramente disarmante.
Riscoprire perciò il valore della famiglia come piccola Chiesa domestica ( così definita dal Concilio Vaticano II), è una necessità a cui tutti siamo chiamati, valore che tra l‘altro sento particolarmente vicino, poiché padre di famiglia in primo luogo, ma anche catechista nella mia comunità parrocchiale.
Il modello a cui fare riferimento «La sacra Famiglia» ce lo regalano gli evangelisti Luca e Matteo nei racconti che riguardano l’infanzia di Gesù.
“ Allora Maria disse:«eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto»” (Lc 1,38) – Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con se la sposa, (Mt.1,24) .
Parte da questi « due sì » il completo e totale abbandono dei due futuri sposi alla volontà dell’Altissimo, due risposte che cambieranno il corso della storia e il destino degli uomini, scaturite dal cuore puro di due creature la cui umiltà non ha pari.
Giuseppe che significa « Dio aggiunga » fu con Maria il maestro di Gesù con lei lo nutrì e lo educò; Gesù lo chiamava «abbà» parola che significa «padre», con quella confidenza familiare che è propria del nostro «papà»; Giuseppe consapevole di non essere il padre naturale e cosciente della natura del figlio, mostrò sempre per lui quell’amore e quella protezione che un vero padre sa dare.
Allo stesso modo Maria fu madre totale, sempre a fianco del figlio in un percorso costante che va dal suo concepimento fino al sacrificio della croce…e oltre.
Nel Vangelo di Matteo viene detto che Giuseppe «non conobbe» Maria (Mt.1,25), il verbo conoscere nella lingua ebraica, come ben sappiamo, indica che i due non ebbero rapporti carnali, sembrerebbe incredibile che due giovani ebrei nel pieno delle loro energie, facciano una simile scelta, peraltro contrastante con la cultura ebraica del tempo, tutta improntata alla fecondità procreativa onde garantirsi una discendenza.
Per capire questa scelta bisogna entrare nell’intimo dei due protagonisti, la cui personalità denota in entrambi una grande umiltà e obbedienza di fede nei confronti dell’Altissimo, ciò non significa mortificazione o umiliazione della coppia, bensì apertura ad un modello di amore più grande, privo di egoismi, tutto proteso all’altro per rivolgersi insieme verso Dio, fonte di tutto il bene possibile.
Questa scelta di un matrimonio verginale, fatta da entrambi, scioglie energie potentissime di dedizione dell’uno all’altra e insieme di donazione all’unico figlio; la gioia di ogni famiglia è piena quando ogni membro non cerca la propria felicità, ma pensa a procurarla agli altri.
Quella di Maria e Giuseppe è una coniugalità nuova, è la comunione degli spiriti e dei cuori che porta i segni dell’esclusivo abbandono.
Perciò la Sacra Famiglia, sulla quale scende copiosa la Grazia di Dio, è un nucleo granitico che come sappiamo supererà tutti gli ostacoli e i pericoli di quella difficile realtà che era la Palestina del I secolo.
Molte cose non sappiamo di questa Sacra Famiglia e di come Gesù vi crebbe, quello che è certo, è che essa fu per il Signore un punto forte di riferimento, infatti, mentre Giuseppe educò il figlio al lavoro, alla tenacia e alla fermezza in mezzo alle difficoltà quotidiane, forgiandolo alla fatica e alla sofferenza, Maria seppe dare al figlio quella giusta tenerezza di madre necessaria allo sviluppo e all’equilibrio del fanciullo.
Occorre perciò che noi, volgendo lo sguardo alla Sacra Famiglia, a quel modello di comunità-comunione che Dio Padre ci ha voluto rivelare, facciamo una profonda riflessione, riscoprendo i valori del sacramento, ma anche ciò che siamo diventati in virtù del matrimonio.
Chiamati infatti dal Creatore sia alla con-creazione libera e responsabile della prole che alla sua educazione cristiana, improntata materialmente e spiritualmente all’amore verso la Chiesa, siamo elevati al ruolo di Ministri del Sacramento Matrimoniale.
Alimento che sostiene questa realtà è lo Spirito donato ed effuso agli sposi, egli non si aggiunge ne si sovrappone alla struttura naturale della famiglia, ma la trasfigura dal di dentro animandola nei singoli membri (“Familiaris Consortio” Giovanni Paolo II). Da ciò ne deriva che la missione propria della famiglia è di realizzare in se stessa una vera comunità-comunione di persone, spinti come principio dalla forza dell’amore e partecipi non soltanto dello sviluppo laico-sociale del Paese, ma anche dell’edificazione stessa della Chiesa.

13 febbraio 2008

Un incontro da non dimenticare



Mia figlia Alice che è laureata in Scienze della Comunicazione mi ha suggerito di inserire nel mio blog, di tanto in tanto, anche delle brevi riflessioni, poiché così facendo «aiuterebbe» sue testuali parole “a rendere meno palloso il mio Blog”. Pertanto consapevole e ben conscio dei miei limiti comunicativi, mi accingo a prendere dei provvedimenti in tal senso!
In quel di Milano, recente viaggio di qualche giorno fa, ho assistito a una lezione accademica dell'Assessore comunale tal Vittorio Sgarbi; l'argomento trattato “il ruolo comunicativo che l'arte nel corso dei secoli ha svolto al servizio del potere” è stato a dir poco interessante.
Il buon Vittorio, da par suo, ha affrontato l'argomento assolvendo e soddisfacendo le mie aspettative con un buon margine. Quello che un po mi è dispiaciuto è che ad alcune domande fatte da persone presenti, come al solito con la consueta franchezza che lo contraddistingue, ha dato luogo a uno spettacolo di basso profilo, coprendo di ridicolo alcuni di quei personaggi che come lui calcano la scena politica e pubblica del piccolo schermo.
Alla fine comunque passandomi vicino gli ho steso la mano in segno di saluto e lui, un po' sorpreso, ha risposto con una forte stretta (che probabilmente risentiva ancora dell'adrenalina in circolo), seguita poi da un bel sorriso accompagnato da un timido saluto.
Per tutto il giorno ho portato con me quest'emozione e continuavo a chiedermi come mai in una persona così colta possano esserci degli aspetti così divergenti, in antitesi tra loro.
L'eterno contrasto tra natura umana e la natura divina? ...

17 gennaio 2008

Rembrandt

RISPONDERE ALLA GRAZIA

Molti sono coloro che camminano sulla vie del materialismo e della perdizione, è la solita scena che si ripete, il solito copione che ben conosciamo, è sempre lei , la pecorella smarrita che non fa mai niente per essere ritrovata (neanche un belato!), è Dio che la va a cercare! Senza la grazia di Dio che ci tocca il cuore saremmo incapaci di risollevarci e di convertirci dal peccato. Ecco perché è molto importante la preghiera per la conversione delle persone. Questa incapacità dell’uomo di salvarsi è spiegata bene sia nella parabola della moneta perduta che nella parabola della pecorella smarrita, mentre col racconto del figliol prodigo ci viene mostrata la risposta dell’uomo alla grazia.
“Padre dammi quello che mi spetta” questo chiede il figlio al vecchio padre, ed è una richiesta che ha il sapore dell’ingratitudine, come se noi dicessimo a Dio che la vita è nostra e che noi siamo gli unici padroni delle nostre cose; questa è una menzogna grande quanto il peccato, poiché la vita e le cose che abbiamo ricevuto sono dono gratuito di Dio . Quello che colpisce invece è che il Padre anziché prendere un bastone per darlo in testa al figlio, non dice niente, tace e acconsente alla richiesta.
Tu ti ribelli a Dio… e lui che fa? ti lascia andare! Egli infatti rispetta la tua volontà e libertà, non ti contrasta, pur soffrendo per questa tua decisione…è il rischio che Dio sapeva di dover correre dal quell’ istante della creazione in cui plasmò l’uomo libero a sua immagine e somiglianza.
A questo punto viene da chiederci: che futuro ci sarà per quei giovani che si apprestano a ricevere il sacramento della prima comunione, quando quotidianamente saranno tentati di voltare le spalle al Signore? Di riprendersi la loro vita, magari sbattendogli la porta in faccia? Forse si comporteranno anche loro come il figliol prodigo, quando dopo una bella ma purtroppo breve esperienza con la Chiesa, ritorneranno alle loro vecchie abitudini, cercando magari quella felicità che le false illusioni del mondo gli propineranno e forse un giorno potrebbero trovarsi anche loro con la faccia per terra a contendere le ghiande ai porci.
Noi uomini abbiamo due tipi di esigenze: la fame di mondo, ma soprattutto il desiderio di Dio! Tornare a casa dunque è conversione, è luce che si irradia e passa attraverso la colpa e la sofferenza dell’anima, anima che anela al perdono del Padre, un Padre che non ha mai cessato di attendere sull’uscio di casa. E’sempre lui che corre incontro al figlio e lo bacia... non chiede altro!

3 gennaio 2008

LA PREGHIERA “NUCLEO PULSANTE DELLA FAMIGLIA”


Anche quest’anno ci accingiamo ad iniziare il catechismo della prima comunione, con la speranza che lo Spirito del Signore ci spinga e ci sostenga in questo difficile compito che ci aspetta.
Il catechista infatti non solo deve preparare i fanciulli a ricevere questo importantissimo Sacramento, ma anche e soprattutto, deve riuscire a “catturare” l’interesse e il cuore dei ragazzi, per orientarli verso la persona di Gesù. Per questo motivo proprio per presentare un percorso, a mio parere necessario, ho deciso di scrivere questo articolo che non ha la presunzione di voler essere niente di più che una riflessione per noi tutti.
In primo luogo, la famiglia è il primo ambiente in cui il bambino avverte di essere persona e si sente accolto; sempre nella famiglia il bambino si va aprendo alla vita, si va formando giorno dopo giorno e nessun’altra esperienza lascerà tracce tanto profonde nella sua vita, in bene o in male.
Gerardo Pastor (decano della Facoltà di Piscologia della Pontifica Università di Salamanca ) afferma che «né gli asili o scuole, né i gruppi dei coetanei, né le parrocchie, né i mezzi di comunicazione sociale (stampa, radio e televisione), riescono a penetrare tanto a fondo nell’intimo del bambino come i genitori, da cui si dipende pienamente nei primi sei o nove anni di vita.
Uno dei fattori che ha sempre contraddistinto il ruolo educativo dei genitori cristiani all’interno delle mura domestiche è l’educazione alla preghiera.
In passato la preghiera in famiglia era qualche cosa di “normale”, con i suoi ritmi e i
suoi momenti: prima dei pasti; l’«angelus», il rosario, le preghiere del mattino e della sera; generalmente, era la madre quella che si occupava di assicurare e guidare questo vissuto religioso.
Oggi, la vita del nucleo familiare è cambiata profondamente; tutto è diventato più difficile; e, a poco a poco, abbiamo abbandonato la preghiera in famiglia e quella individuale.
Il risultato è che oggi la nostra generazione si sente sempre più imbarazzata nel proporre
la preghiera in famiglia; che ci appare come qualcosa di forzato, artificiale che non ci esce dal cuore.
Il primo passo per un cambiamento, a mio avviso devono farlo i coniugi, imparando a
pregare insieme una preghiera di coppia, semplice, normale, senza ulteriori complicazioni, che sia la base su cui costruire il ritorno al piacere di pregare in famiglia.
Questa preghiera di coppia, potrebbe per esempio consistere nel chiedere perdono a Dio
per i peccati, un ringraziamento per tutto quanto ricevuto, per tutto il bene che c’è nella coppia e nei figli.
È giusto che i genitori preghino per i figli e anche in nome dei «figli», per i piccoli che
ancora non sanno pregare e per i grandi che forse sono in crisi e non sanno più farlo.
Sarebbe consigliabile, dove possibile, riservare in casa un luogo o un «angolo di
preghiera», destinato allo scopo.
La preghiera è un’esperienza che il bambino deve scoprire e apprendere dai genitori, è
necessario pertanto che il bambino veda pregare il papà e la mamma; se osserva che pregano senza fretta, rimangono in silenzio, chiudono gli occhi, si inginocchiano, egli intuisce l’importanza di questi gesti e percepisce la presenza di Dio nella famiglia come qualche cosa di bello e positivo, imparando il linguaggio religioso, ma anche i segni che così restano incisi nella sua memoria, non c’è altro che può sostituire questa esperienza.
Soltanto così il bambino si avvicinerà alla preghiera in maniera spontanea, e pregherà
come deve pregare, con lo stesso atteggiamento, lo stesso tono, la stessa gioia; giungerà poi il tempo in cui sarà lui stesso ad iniziare una preghiera, questa gli rimarrà incisa nella memoria come qual cosa di naturale che appartiene alla vita quotidiana della famiglia.
Successivamente l'educazione alla fede permette anche un’autentica fusione nel bambino tra fede e vita, e quindi una vera crescita di vita cristiana, poiché l'iniziazione cristiana data dai genitori è intrinsecamente legata ai fatti e alle realtà concrete della vita quotidiana.
Dal momento che le famiglie cristiane sono le "cellule" primarie della comunità ecclesiale e sociale, i genitori, grazie alla fede in Cristo, partecipano pienamente alla missione evangelizzatrice della Chiesa; naturalmente ciò può avvenire soltanto se c'è una comunità cristiana che li segue e li aiuta, incoraggiandoli nei momenti di difficoltà e sostenendoli nel cammino di santità.

2 gennaio 2008

IL MISTERO DEL MALE




Con l’inizio del 2008 i nostri pensieri , inevitabilmente vanno all’anno appena trascorso, i vari canali della televisione ci propongono servizi giornalistici che tentano di fare un bilancio su quanto di più importante è accaduto nel nostro paese ma anche all’estero.
Gli argomenti spaziano dall’economia , alla cronaca, alla politica ma soprattuto ci fanno ripercorrere – con particolare dovizia – gli eventi più drammatici e le scene susseguenti ad essi, particolarmente intrise di violenza gratuita ed esplicita, spesso infatti vengono mostrate scene con inquadrature da vicino di sangue, brandelli umani con orrori di vario genere, il tutto corredato dalle scene strazianti di dolore dei parenti delle vittime.
Sembra quasi di assistere a uno di quei film dell’horror che tanto vanno di moda nelle nostre sale cinematografiche; ma perché a questo mondo tutti quei fatti che sono rappresentazione del male e di una società malata fanno così tanta notizia? Perché siamo così attirati dalle brutte notizie?
Gli addetti ai lavori ci spiegano che le belle o le buone notizie ( e ce ne sono tante ) non fanno audience, non interessano.
Detto questo mi è sembrato alquanto doveroso e opportuno fare una mia piccola indagine che non ha certamente la pretesa di esaurire un argomento così vasto, ma vuole essere una semplice scorribanda – passatemi il termine - all’interno di un argomento che riguarda proprio il male e il peccato, quello che Paolo nella sua 2° lettera ai Tessalonicesi chiamava “il mistero d’iniquità”.
Ma cos’è il peccato?
La Chiesa ci insegna che il peccato è la condizione, lo stato di lontananza da Dio, per sua natura strettamente legato al male e mirabilmente rappresentato con l’immagine biblica del serpente nel libro della Genesi e del dragone nel testo dell’Apocalisse . Entrambe le immagini ci danno l’idea di qualcosa di molto pericoloso, certamente da tenere a distanza(CCC 2851).
Ma come nasce il male?
Intanto, sicuramente non viene da Dio, l’Onnipotente infatti è solo fonte di bene. Il male nasce nella notte dei tempi, certamente molto prima dell’uomo (visto che il libro della Genesi ce lo presenta nel paradiso terrestre prima della creazione dell’uomo), la sua comparsa scaturisce dalla creazione, al tempo in cui l’Onnipotente con un atto di amore creò delle creature spirituali, simili a lui nella libertà e quindi capaci di amarlo o di rifiutarlo.
Stando all’Apocalisse esattamente 1/3 degli angeli comandati dal Principe Lucifero si ribellò a Dio, rifiutando il suo amore, schierandosi contro di lui e scatenando così una guerra angelica il cui esito fù, per gli angeli ribelli, di essere precipitati sulla Terra, con tutte le conseguenze del caso.
Da quello che la Rivelazione ci descrive sembrerebbe quindi che nel corso dei secoli il Principe del male abbia posto la sua autorità e il suo nefasto potere sulla Terra, ed è proprio qui che si è trasferito il teatro dello scontro finale, l’eterna lotta tra le forze del bene e quelle del male.
Quanto detto è avvalorato dalla situazione storica in cui versava l’umanità al momento della venuta del Salvatore. Infatti proprio nell’anno 27 d.C., anno in cui Gesù inizia la sua attività pubblica, scendendo apertamente in campo contro il Governo delle Tenebre (attività descritta soprattutto dal vangelo di Marco) la situazione dell’Umanità era veramente drammatica :
L’ingiustizia e la prepotenza dei più forti regnavano sovrane;
L’impero Romano anche se portatore di civiltà e di progresso era fondato sulla schiavitù e quindi sullo sfruttamento dei più deboli;
Le malattie, le malformazioni e il degrado umano non avevano mai toccato limiti così bassi, basta pensare a quante volte Gesù dovrà intervenire per curare, guarire malattie di ogni genere o liberare poveri disgraziati vittime di possessioni diaboliche;
Roma e le Potenze confinanti ad eccezione degli Ebrei, praticavano l’idolatria nella quasi totalità, sacrificando spesso al culto degli dei persino vite umane.
Dopo la morte in croce del Salvatore, il Principe del male è stato sconfitto e il governo delle tenebre è passato per così dire all’opposizione.
Lo sviluppo della Teologia sotto la spinta dello S.S., nel corso dei secoli ha dotato il Cristianesimo di armi adeguate, onde poter contrastare il male e tutte le sue molteplici manifestazioni.
Il primo strumento particolarmente efficace di cui dispone la Chiesa è il sacramento del Battesimo.
Con il battesimo diventiamo figli di Dio e fratelli di Gesù, entriamo così a far parte della famiglia del Signore, o per dirla con Benedetto XVI in una Comunità di amici il cui centro è Cristo.
Con il Battesimo siamo stati anche liberati dal peccato di origine (quello per conseguenza dei nostri antenati), però - ahimè - il battesimo non ci libera ne dall’inclinazione al peccato (concupiscenza), ne dalla tentazione a peccare che rimane per tutta la nostra vita.
Necessaria dunque per un adeguato cammino di santità è la preghiera che oltre a mantenere viva e fresca la comunione con Dio , ci preserva anche dagli eventuali attacchi satanici.
Particolarmente raccomandata dalla Chiesa, ma anche dal famoso esorcista (Padre Gabriele Amorth), proprio per quanto precedentemente detto è la preghiera quotidiana del Rosario.
Concludendo con la sua morte in croce il Salvatore non ci ha soltanto riconciliati col Padre, ma ha dato inizio a un nuovo corso storico per l’intera Umanità, il piccolo seme di senapa è diventato un'albero e per la Chiesa e il Cristianesimo nascente, è cominciata una nuova sfida, un nuovo cammino nel corso dei secoli, tutto improntato verso le più grandi conquiste sociali e culturali, orientate alla libertà e alla giustizia. Aggiungo anche che una delle cose che ha permesso il successo, o meglio il primato dell’Occidente su tutto il resto del mondo, è il Cristianesimo, infatti sono state le basi morali cristiane della vita sociale e culturale che hanno permesso l’emergere del Capitalismo e poi la riuscita transizione verso politiche democratiche sempre più avanzate (La vittoria della Ragione di Rodney Stark) ; non dobbiamo avere alcun dubbio in proposito!