16 aprile 2008

ALLA RICERCA DELLE RADICI CRISTIANE


E' da tempo che sentivo il desiderio, di fare una piccola riflessione sull'Antico Testamento. L'argomento in oggetto, mi riferisco alla Torah (i primi cinque libri), ha inizio dalla creazione, passa attraverso la storia dei grandi Patriarchi e dopo il grande Esodo, si conclude con l'arrivo nella terra promessa. Ma andiamo con ordine: come si formò il Pentateuco e chi lo scrisse ?
Anticamente - ce lo dicono gli studiosi storici – i racconti della Bibbia si tramandarono per via orale , gli storici indicano nel gruppo che lasciò l’Egitto e che affrontò il deserto il probabile inizio della tradizione orale (XIII sec. a.C.). La tradizione orale sulle narrazioni bibliche si sviluppò e si diffuse tra le varie tribù Israilite, per dare al popolo una memoria storica; solitamente erano gli anziani negli accampamenti attorno ai fuochi che narravano ai più giovani le imprese dei grandi patriarchi. A loro volta i giovani erano chiamati a fare altrettanto quando sarebbe venuto il loro tempo. Intorno al X sec.a.C. un gruppo di dotti vicino al mondo degli scribi, probabilmente della tribù di Giuda raccolse il materiale orale tramandato e lo mise per iscritto creando così la tradizione Jahwista. Questa antica tradizione, il cui centro è rappresentato dai fatti dell’Esodo, narra la storia del popolo d'Israele dalla creazione fino all'arrivo nella terra promessa. Ad essa seguirono la tradizione Eloista del (VIII sec. a.C.) proveniente dal Nord del paese e quella Deuteronomista del (VII a.C) sotto il regno del re Giosia.
Queste tradizioni furono prese al tempo dell’esilio dalla classe Sacerdotale che non solo le unificò, ma aggiunse elementi nuovi, dando vita così alla tradizione Sacerdotale. La fusione delle tradizioni J+E+ P (sacerdotale), portò ai primi quattro libri della Torah. Infine nel (IV sec.a.C.) al tempo dello scriba Esdra avvene la redazione finale di tutta la Torah, con l’inclusione anche della tradizione Deuteronomista (Il Pentateuco: Gen. Es. Num. Lev. Deut.).
Al popolo reduce dall'esilio Babilonese fu data la Legge su cui fondare una nuova Nazione ( Neemia 8) che fosse espressione di Giustizia ma soprattutto dell'antica Alleanza stabilita tra Dio e il popolo. Ci vollero dunque ben 300 anni prima che si passasse da una tradizione orale ad una scritta e ben 900 per riunire il tutto in un unico lavoro di redazione!
Se ne deduce che per i Sacerdoti del Tempio deve essere stata davvero un'impresa monumentale, quella cioè di raccogliere e mettere assieme tutta la scrittura e la tradizione orale, con tutte le difficoltà che questo comporta; infatti proprio la trasmissione orale per sua natura presenta un difetto di comunicazione: il passa-parola della memoria collettiva tra le diverse generazioni, di fatto comporta che questa inevitabilmente viene trasfigurata, abbellita o caricata di particolari suggestivi e quindi deformata. Ovvio pertanto – mi sia concesso- che come fonte dal punto di vista storico, non possa e non debba essere presa troppo sul serio.
Il motivo quindi per il quale l' Antico Testamento viene presentato oggi alle giovani generazioni, trova giustificazione nel fatto che la Sacra Scrittura costituisce le nostre lontane radici Cristiane, e come tale va considerata e rispettata.
Quando guardiamo un'albero ne apprezziamo la grandezza, la robustezza del fusto, la maestosità della chioma o la bontà dei suoi frutti, ma difficilmente apprezzeremo le sue radici poiché noi non le vediamo; eppure da esse arriva la linfa che mantiene e da vita all'intera pianta. Fermo restando che comunque – grazie a Dio – siamo Cristiani e come tali siamo chiamati a comprendere e rispettare la Tradizione dei nostri fratelli maggiori alla luce dell'evento Messianico. Quindi all'immagine offuscata e sfuggente, di un Dio Padre giusto, capace però di uccidere innocenti (i primogeniti degli Egiziani) che si vendica del Faraone (mandando le piaghe sull'Egitto), o che si mostra sterminatore nei confronti degli idolatri (uccisione dei sacerdoti di Ball); dobbiamo sovrapporre un immagine più coerente e veritiera, cioè quella di un Dio Padre misericordioso che ci ha donato il Figlio, morto in croce per un amore-folle verso l'uomo, un Dio Padre il cui volto risplendente di luce “chi vede me vede il padre dice Gesù”, illumina l'umanità tutta intera, ridestandola da un esistenza che sino a quel momento era stata caratterizzata dall'ombra delle tenebre. Questo – non ci sono dubbi - è il nostro Dio , un Padre che aspetta paziente sull'uscio di casa il ritorno dei propri figli,(il figliol prodigo) e che nel rispetto della volontà e libertà dell'uomo, non chiede altro che di essere amato! Un Dio dunque che non si impone , ma che si propone!
A sostegno di quanto detto, vale la pena soffermarci su quella che fu invece la stesura dei testi Evangelici del N.T. E' opinione diffusa - da parte degli storici contemporanei - che i Vangeli sinottici, ma anche le lettere di Paolo, furono scritte poche decine di anni dopo la morte in croce di Gesù , e pertanto furono contemporanei a chi personalmente lo aveva conosciuto.
Dal ritrovamento risalente al 1947 presso la località di Qumran, posta sulle rive del mar Morto, sono stati rinvenuti dei frammenti di papiro all’interno di alcune grotte, mi riferisco in particolare al reperto (7Q5) la cui denominazione si riferisce al numero della grotta e al numero del frammento di papiro rinvenuto. Il papirologo gesuita padre José O’Callaghan, docente di Papirologia alla ben nota Pontificia Università Biblica, non ha dubbi in merito, il frammento scritto in greco apparterrebbe al vangelo di Marco ed è stato datato intorno al 50 d.C., appena soli 20 anni dopo la crocifissione!
Sempre dello stesso periodo, anteriori cioè al 70 d.C. – parola del Prof. Peter Thiede - i tre piccoli frammenti di dieci righe del capitolo 26 del Vangelo di Matteo, ritrovati nel nord dell'Egitto vicino a Luxor e conservati nel college dell'Università di Oxford.
Queste scoperte che hanno aperto nuovi scenari, rappresentano dei tasselli in più, da inserire in quel difficile mosaico che rappresenta tutto il N.T.
Infatti - se a quel tempo i testi scritti circolavano tra le comunità cristiane della prima Chiesa, c'erano ancora molti testimoni vivi che avendo conosciuto e vissuto i fatti descritti dagli stessi evangelisti, ne avrebbero potuto eventualmente smentire la veridicità. Questo non è successo poiché gli evangelisti, da veri e propri cronisti, ci hanno raccontato la pura storia della vita di Gesù e i suoi famosi Detti, donando al Cristianesimo nascente verità tali da trovare ampi consensi e conferme sia dall'Archeologia moderna che dal mondo storico-scientifico contemporaneo.

3 aprile 2008

La crociata di Giuliano





Una cosa che mi fà veramente arrabbiare è quando ti impediscono di parlare! Qualche mese fà era successo a Papa Benedetto XVI, ieri è toccato a Giuliano Ferrara... Ma dove è finita la libertà di parola? La cosa che più mi preoccupa - ce lo dicono le immagini dei telegiornali- è che la contestazione subita dal buon Giuliano proveniva da ambienti giovanili deviati, di probabile estrazione laicista. Meno male che ci sono anche tanti bravi ragazzi con la testa sulle spalle! (quelli mi sembravano degli ultrà da stadio).


1 aprile 2008

QUELLA STRADA CHE PORTA A EMMAUS


Non c’è giorno in questa nostra vita terrena che non sia contrassegnato da una serie di eventi e notizie che ci pervengono dalle varie zone del pianeta attraverso i telegiornali dei vari Network ed entrano nelle nostre case da quella finestra sul mondo che è la televisione. Le piccole famiglie domestiche riunite la sera davanti alla tv spesso assistono inermi e impotenti a sequenze di immagini che scorrono sullo schermo, intrise di sopraffazione, morte e disperazione dei più deboli, contraddistinte da una drammaticità talmente eloquente da farci ritenere che ormai per questa umanità ci siano rimaste poche speranze. Uno dei brani del Vangelo che mi ha sempre affascinato e che risponde mirabilmente proprio a questo argomento è la pericope secondo il Vangelo di Luca dei Discepoli di Emmaus (Lc 24,13).
Questo episodio si svolge in un tardo pomeriggio della domenica di resurrezione, sulla via che da Gerusalemme conduce a Emmaus (località a circa 7 miglia dalla città santa), i due protagonisti sono discepoli di Gesù, di uno di loro, l’evangelista indica il nome “Cleopa” che significa « tutte le notizie » è lui che parla dell’episodio di cronaca nera avvenuto a Gerusalemme nel venerdì santo, ma ne parla senza coglierne il significato profondo.
Di lui sappiamo che pur non facendo parte degli undici era molto vicino al Maestro, secondo Egesippo (storico vissuto nel II sec.d.C.) era padre dell’apostolo Simone che diventerà vescovo di Gerusalemme (62-107 d.C) e probabilmente fratello di San Giuseppe.
I due viandanti nel ricordare il recente passato denotano delusione e amarezza per il triste epilogo della loro esperienza con la nuova dottrina, essi percorrono la direzione opposta a quella che aveva portato Gesù verso la città Santa e il suo destino, sanno che devono allontanarsi da Gerusalemme perché per loro potrebbe essere pericoloso.
Durante il tragitto li affiancò Gesù in persona, ma essi non lo riconobbero “Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?", domandò loro il Signore e dopo averli ascoltati pazientemente, gli rivelò il significato di quella morte e passione del loro Maestro alla luce delle Sacre Scritture.
E’ questo che lo sconosciuto forestiero voleva comunicare ai due discepoli, è così che dovevano leggere e interpretate le scritture dell’A.T.
Infatti il Cristo con la sua testimonianza votata al sacrificio estremo, aveva portato a compimento la rivelazione ultima e definitiva del Padre, ponendosi allo stesso tempo al centro di tutta l’intera storia della salvezza.
Resta con noi perché si fa sera e il giorno volge al declino” così si rivolgono i due discepoli ignari al forestiero al momento di lasciarsi, è la prima commovente preghiera della comunità cristiana al suo Signore, egli infatti con le sue parole aveva riacceso la speranza nei loro cuori. Sedutosi poi di fronte ai due lo riconobbero nello spezzare il pane, quel gesto aveva fatto scendere il velo dai loro occhi. Torneranno a Gerusalemme per annunciare agli undici quanto era loro successo, per aggregarsi alla prima Chiesa nascente e condividere con essa la stessa gioia e la stessa fede.
Allo smarrimento e delusione dei due di Emmaus il Signore risponde ancora una volta con la misericordia, che copiosa come sempre scende sul suo popolo, il seme della parola, caduto sul terreno pietroso (Mc.4,2-9) dove era germogliato sulle ali dell’entusiasmo, non aveva dato frutto. E’ l’immagine della nostra società dove tutti un po’ smarriti e un po’ sfiduciati, invano cerchiamo la nostra fede là dove non c’è e senza accorgercene, come per i due discepoli di Emmaus, non ci rendiamo conto di quanto Gesù ci sia sempre rimasto vicino e non ci abbia mai abbandonati. E’ questa la grande sfida che attende la Chiesa del terzo millennio: infondere fiducia e speranza all’umanità tutta, partendo non dai cambiamenti del semplice adattarsi alle mode ed esigenze di un mondo in continua evoluzione, ma dall’annunciare e dal testimoniare la verità del Vangelo con grande coraggio e rinnovato slancio, testimone del Risorto presso ogni uomo fino alla fine dei tempi.